Un piatto di riso stava assorto un dì di festa reclinato triste su di sé, attendendo nella sua mestizia qualcuno che gli facesse gustare un po' di delizia in quel piatto crudele e scarno, bianco pallido, freddo e poco invitante anche per se stesso. Sollevò per un attimo lo sguardo smorto e osservando attorno a sé in quella cucina, non trovò traccia di ricetta alcuna che gli sollevasse il morale; reclinando di nuovo il capo, si addormentò. Ed ecco che pian piano davanti a lui si aprì come d'incanto una porta, ed ebbe un sogno: una trevisana dal frigo aperto gli stava facendo l'occhiolino, come a risvegliarne i sensi e a invitarlo a farla uscire con lui per quel giorno di festa. Con un mesto sorriso, la invitò ad uscire e a entrare nel suo piatto. Un'atmosfera d'incenso mista a un alone di mistero invitò il risotto a accostarsi meglio alla sua trevisana, che amalgamandosi con lui in quella ricetta festosa, si concedeva pian piano, a piccole dosi, come a procedere con rispetto e delicatezza in quella avventura tra i due. Sognando l'amore della trevisana, il risotto si fuse con lei in quel piatto senza confini che offriva in cibo un amore unico, etereo nel sogno ma segnato di eternità, in quella ricetta piccola e semplice, ma arricchita dal sorriso dell'universo, che reclinando su di loro il petto e il crine, accettò in dono la ricetta del loro amore.
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