Mai come stando fermo in un letto d'ospedale per qualche giorno ho gustato il viaggiare per il mondo, e a tutto spiano, senza regole e limite alcuno, né di aspetto, né di rispetto, né di prudenza, né di decenza. E, sì, ho anche solo intuito che dal limite pigiato il corpo umano come per acceleratore viene ricatalizzato, rigenerato e proiettato anche là dove ogni sogno veniva smorzato. Le nostre ferite fisiche o morali possono diventare accensione di un motore immobile che, grazie a dio, abbiamo innato in noi, e giace nel subconscio dell'inconscio fino a quando, per destino o per accidente, sembra proprio non aver più niente. Ma è proprio allora che scendiamo ancor più giù, nella dimenticata cantina originale del niente, dove nulla, proprio nulla, viene scordato e dimenticato; anzi, proprio come il vino in botte, acquista gusto, valore e senso da provare. Ed è proprio allora che provando per credere si comprende che ogni cosa in cui crediamo per essere avvalorata ha bisogno di una prova, di una 'ferita' che diventa feritoia per intravedere nuovi mondo, realtà impossibili, sogni infranti recuperati, settori aridi rigenerati, vissuti dati per morti e ora risuscitati. L'ospedale, nella sua ospitalità, mi ha fatto recuperare la coscienza di questa energia innata, e inoltre mi ha dato il pedale e il mezzo: va', pedala oltre il mondo!
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